24 maggio 2019
I ghiacciai sono ormai in gravissima crisi
Fabiano Ventura ci racconta l'Himalaya: "Lavoriamo per diffondere una maggiore consapevolezza ecologica"
“Sulle tracce dei ghiacciai - Himalaya 2018”: arrivano i definitivi risultati scientifici e fotografici. Sul tetto del mondo ghiacciai in grande sofferenza a causa del riscaldamento globale: in poco più di 100 anni riduzioni di lunghezza e spessore misurabili rispettivamente in chilometri e centinaia di metri.
Grande sofferenza dei ghiacciai nelle aree himalayane ai piedi delle montagne tra le più alte del mondo: Everest, Kangchenjunga e Cho Oyu: qui, le grandi distese glaciali presentano riduzioni di lunghezza e spessore misurabili rispettivamente in chilometri e centinaia di metri, delineatesi in poco più di un secolo. Anche nel caso in cui il riscaldamento globale fosse contenuto in 1,5 °C, nella regione entro la fine del XXI secolo la riduzione volumetrica e areale dei ghiacciai subirà un’accelerazione con sensibili conseguenze sull’idrologia glaciale.
E’ quello che emerge dalla dettagliata relazione scientifica di 54 pagine che, insieme gli impressionanti scatti di confronto di Fabiano Ventura, frutto di un lungo lavoro di ricerca, restauro e post produzione durato quasi due anni , sottolinea la portata del progetto “Sulle tracce dei ghiacciai”. Quest’ultimo, ormai da 10 anni, testimonia, dalle più importanti catene montuose del mondo, il cambiamento climatico in atto sul pianeta, utilizzando la tecnica della fotografia di confronto e la raccolta dei dati scientifici sul campo.
A seguito della spedizione in Himalaya che si è svolta la scorsa primavera-estate le istituzioni scientifiche e i ricercatori coinvolti nel progetto hanno tratto conclusioni inequivocabili: “Il confronto fra le immagini storiche dei primi decenni del XX secolo (e la cartografia storica) con quelle attuali mostra non solo e non tanto arretramenti delle fronti, ma soprattutto riduzioni di spessore con trasformazioni morfologiche di ampia portata che hanno modificato in modo sostanziale il paesaggio di queste aree. In particolare si osserva la formazione di grandi laghi sopraglaciali che hanno attivato intensi processi di retroazione, provocando veri e propri collassi dei settori inferiori delle lingue (creando inoltre potenziali situazioni di pericolosità per le popolazioni). A ciò si è accompagnato il regresso delle fronti ancora attive e alimentate dal flusso glaciale”.
I glaciologi e geologi dei Dipartimenti di Scienze della Terra “Ardito Desio” e di Scienze e Politiche dell’Ambiente dell’Università Statale di Milano e del Dipartimento di Scienze Geologiche dell’Università Roma 3, dopo aver analizzato i confronti fotografici e confrontato i dati raccolti sul campo con quelli satellitari, hanno infatti sottolineato, con preoccupazione, la portata del cambiamento in atto nella morfologia delle aree oggetto dello studio.
Sui tre ghiacciai esaminati (del Kangchenjunga - Nepal; Rongbuk - Cina, versante nord dell’Everest; Gyarag - Cina, versante nord del Cho Oyu . – dicono - si riscontrano sensibili riduzioni di lunghezza, anche chilometriche, e di spessore (anche di centinaia di metri) rispetto alla Piccola Età Glaciale (1300- fine Ottocento circa). Un regresso sicuramente attivo e intenso anche nel XX secolo che continua, come evidenziato dalle elaborazioni delle immagini satellitari, anche nei decenni più recenti”.
Secondo gli scienziati sono due i dati di fatto che emergono dall’analisi delle immagini satellitari e che caratterizzano un periodo di quasi un trentennio (1989-2017):
- una riduzione areale la cui dimensione è alquanto simile per le tre aree considerate (fra il 3 e il 4%), nonostante le differenze geografiche e climatiche;
- un’accelerazione della riduzione areale fra i due periodi considerati (fine anni ottanta del XX secolo e situazione attuale).
“Per avere un termine di confronto - dice Claudio Smiraglia, glaciologo dell’Università di Milano e coordinatore del progetto scientifico - si possono ricordare le variazioni recenti dei due maggiori ghiacciai italiani, quello dell’Adamello e quello dei Forni, che nel periodo 1982-2016 per il primo e 1991-2016 per il secondo hanno evidenziato riduzioni areali percentuali rispettivamente del 24,82 e del 19,1%, molto maggiori quindi rispetto a quanto registrato in Himalaya; fenomeno che si spiega con le gigantesche dimensioni dei ghiacciai asiatici e con la loro copertura detritica che limita la fusione.
Di fatto i risultati ottenuti nell’ambito della spedizione “Sulle tracce dei ghiacciai - Himalaya 2018” confermano quanto emerso dagli studi precedenti, cioè una riduzione areale e volumetrica negli ultimi decenni con una lieve accelerazione di questo fenomeno negli ultimi anni”.
Secondo i ricercatori il regresso glaciale di queste regioni, in particolare per il periodo 2000-2013, può essere attribuito a un incremento delle temperature medie annue e a una riduzione delle precipitazioni durante il monsone, soprattutto sul versante nepalese dell’Everest (secondo alcuni studi +0,04°C/anno per le temperature e −9.3 mm/anno per le precipitazioni).
E in ogni caso, anche secondo altri studi citati, risulta che per l’intera regione dell’Hindukush-Karakorum-Himalaya (HKH) durante il periodo 1901-2014 la temperatura media annua ha subito un significativo incremento (0,10°C per decennio).
“Per quanto riguarda la possibile evoluzione futura – dice ancora Smiraglia - anche se il riscaldamento globale venisse contenuto, auspicabilmente, in 1,5 °C, nell’intera regione dell’HKH, le temperature entro la fine del XXI secolo potrebbero superare di 0,3 °C questa soglia. In questo caso la riduzione volumetrica e areale dei ghiacciai subirà un’accelerazione con sensibili conseguenze sull’idrologia glaciale (distribuzione temporale ed entità delle acque di fusione ed espansione dei laghi glaciali, fenomeno quest’ultimo che incrementerà la probabilità di eventi di rischio per le popolazioni locali).
Si assisterebbe inoltre a una sensibile risalita del limite delle nevi (“Linea di Equilibrio”) con la completa estinzione dei ghiacciai di bassa quota senza copertura detritica e a notevoli perdite dei ghiacciai con bacini di accumulo ad alta quota”.
“Il nostro lavoro – dice Fabiano Ventura, fotografo, ideatore e direttore del progetto - sottolinea ancora una volta l’emergenza che sta vivendo il pianeta e l’urgenza di agire attraverso politiche e azioni opportune. La nostra non vuole essere che un’umile testimonianza di quello che sta succedendo al nostro pianeta e uno stimolo a mettere in atto un cambiamento non più prorogabile”.
Un grazie speciale al nostro amico Fabiano per il suo impegno sociale a sostegno del Pianeta.